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Spesso, quando si viene tacciati dai giovani di essere un po’ “attempati”, tra i metri di paragone tra nuova e vecchia generazione si ricorre alla capacità nell’utilizzare gli strumenti informatici, con i ragazzi di oggi che sono portati a vantarsi di essere decisamente più esperti e avvezzi all’utilizzo dei moderni dispositivi tecnologici perché cresciuti, fin da bambini, circondati da questi ultimi, mentre gli “anziani” a stento saprebbero addirittura accendere o avviare un PC.
La realtà, però, sembra essere completamente diversa, soprattutto per quanto riguarda coloro che sono stati bambini o ragazzi negli anni ’80. Una recente ricerca ha smentito il luogo comune dell’incapacità tecnologica degli adulti attuali, rivelando che proprio questa generazione risulta, oggi, tra le più competenti nel settore informatico.
Secondo un report pubblicato da HackerRank, azienda statunitense specializzata in analisi e reclutamento nel settore tech, i migliori sviluppatori software del 2018 erano proprio coloro che avevano trascorso l’infanzia o l’adolescenza negli anni ’80. L’indagine ha analizzato le risposte di decine di migliaia di programmatori a livello globale, soffermandosi su aspetti quali l’età in cui hanno iniziato a programmare, le tecnologie preferite, i benefici ricercati nei luoghi di lavoro e le motivazioni personali che li hanno spinti verso la carriera informatica.
Una delle domande chiave era: “Quando hai cominciato a programmare?”. I risultati hanno evidenziato una distinzione netta tra le generazioni. Gli sviluppatori più giovani, di età compresa tra 18 e 24 anni, hanno iniziato a scrivere codice nella maggior parte dei casi (68%) tra i 16 e i 20 anni. Al contrario, un numero sorprendentemente alto di sviluppatori “senior” ha dichiarato di aver cominciato a programmare già tra i 5 e i 10 anni, ben prima della maggioranza dei colleghi più giovani.
A spiegare questo divario interviene il contesto storico e culturale in cui sono cresciuti. Negli anni ’80, i personal computer iniziarono a entrare in molte case occidentali sotto forma di dispositivi come il Commodore 64, l’Amiga 500 e i suoi giochi, il Sinclair ZX Spectrum e, in misura minore in Italia, l’Olivetti M24. Questi computer, spesso dotati di linguaggi come BASIC direttamente accessibili all’accensione, spingevano i giovanissimi a esplorare il mondo della programmazione per poter giocare, modificare software o persino crearne di nuovi.
Chi era bambino o adolescente in quel decennio ha quindi avuto una formazione spontanea, empirica, quasi “artigianale”, nata dal desiderio di capire come funzionavano quelle macchine. Senza interfacce grafiche intuitive e tutorial su YouTube, imparare a programmare implicava studio, sperimentazione e, soprattutto, passione. Questo tipo di apprendimento ha permesso loro di costruire basi solide, spesso più profonde di quelle acquisite dalle generazioni successive, cresciute in un ambiente dove la tecnologia era data per scontata.
Un altro fattore importante emerso dalla ricerca è che gli sviluppatori formatisi negli anni ’80 tendono ad avere una conoscenza più approfondita dei linguaggi e delle architetture informatiche. Questo perché, avendo vissuto l’evoluzione della tecnologia dagli albori, possiedono una comprensione strutturale di ciò che accade “dietro le quinte” dei software.
Molti giovani sviluppatori attuali si limitano a imparare framework e strumenti già pronti, che permettono di costruire applicazioni senza comprendere appieno le logiche sottostanti. Al contrario, chi ha cominciato con pochi mezzi e tante righe di codice ha dovuto affrontare problemi di basso livello, acquisendo una capacità di problem solving più raffinata.
La generazione cresciuta negli anni ’80 è quindi da considerarsi una sorta di “generazione digitale ante litteram”. Nonostante non fosse immersa in una tecnologia onnipresente come quella di oggi, ha saputo avvicinarsi all’informatica in modo attivo, esplorativo e creativo.
Questi pionieri della programmazione, ora adulti, costituiscono ancora oggi una fetta importante e rispettata del mondo IT. Sono ingegneri, sistemisti, sviluppatori, CTO o semplici appassionati che continuano a scrivere codice, contribuire a progetti open source e formare nuove generazioni di informatici.
Il mito del “giovane sempre più competente” in campo tecnologico viene quindi ridimensionato. La ricerca di HackerRank dimostra che chi è cresciuto negli anni ’80, non solo ha avuto un accesso precoce al mondo della programmazione, ma ha sviluppato competenze solide, radicate e ancora oggi attualissime. In un settore dove l’esperienza conta quanto l’aggiornamento continuo, i bimbi degli anni ’80 si confermano una delle categorie di professionisti più affidabili e preparate del panorama informatico contemporaneo.