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Francesco Schettino è un nome che in Italia e nel mondo è diventato tristemente noto a partire dal 2012. Nato a Castellammare di Stabia nel 1960, aveva intrapreso fin da giovane la carriera marittima. Dopo gli studi nautici, iniziò a lavorare come ufficiale di coperta fino ad arrivare, dopo anni di navigazione e di esperienze, al ruolo di comandante.
La sua carriera era stata costruita passo dopo passo, con la fiducia della compagnia di navigazione Costa Crociere, che lo affidò al comando della Costa Concordia, una delle navi ammiraglie della flotta. Prima di quel tragico gennaio, Schettino era un comandante conosciuto per la sua esperienza e per una certa sicurezza nei modi, apprezzata da alcuni colleghi ma criticata da altri.
La notte del 13 gennaio 2012 resterà impressa per sempre nella memoria collettiva. La Costa Concordia, partita da Civitavecchia e diretta a Savona, urtò gli scogli de Le Scole, davanti all’isola del Giglio, provocando una falla enorme nello scafo. La nave si inclinò e si adagiò su un fianco, diventando l’immagine simbolo del disastro.
A bordo c’erano oltre 4.200 persone, tra passeggeri ed equipaggio. Il bilancio finale fu di 32 vittime, oltre a centinaia di feriti. Le immagini del colosso del mare coricato sugli scogli fecero il giro del mondo e con esse anche il nome del comandante Schettino, divenuto subito il principale imputato della tragedia.
Il lungo iter giudiziario iniziò poco dopo. Nel 2015 Schettino fu condannato in primo grado a 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e abbandono della nave. La condanna fu confermata anche in appello e poi dalla Cassazione nel 2017.
Il processo fu seguito da un’attenzione mediatica enorme. Schettino fu accusato non solo per gli errori di manovra, ma anche per il comportamento tenuto subito dopo l’incidente. Restò celebre, e ancora oggi ricordata, la telefonata con il comandante della Capitaneria di Porto Gregorio De Falco, che lo esortava con tono fermo a “salire a bordo, c…o!”, rimproverandogli di aver abbandonato la nave mentre centinaia di persone erano ancora in pericolo.
Dopo la sentenza definitiva, Francesco Schettino è entrato nel carcere di Rebibbia, a Roma, dove ha iniziato a scontare la pena. Nel tempo ha cercato di mantenere un profilo basso, lontano dai riflettori che per anni avevano illuminato la sua figura.
Si è dedicato allo studio e alla scrittura, arrivando persino a pubblicare un libro in cui racconta la sua versione dei fatti, cercando di spiegare gli errori, le pressioni e le dinamiche di quella notte maledetta. In più occasioni ha provato a difendere la sua immagine, sostenendo di non essere stato l’unico responsabile del disastro e chiamando in causa la gestione della compagnia e altri ufficiali di bordo.
Ad oggi Francesco Schettino si trova ancora detenuto, anche se ha maturato i requisiti per usufruire di benefici carcerari come i permessi premio. La sua pena è lunga, ma con il tempo le misure alternative alla detenzione piena potrebbero permettergli una vita meno isolata.
Schettino non è più un personaggio pubblico e raramente rilascia dichiarazioni. La sua figura resta indissolubilmente legata alla tragedia della Costa Concordia, un marchio impossibile da cancellare. Ogni volta che si parla di quella notte al Giglio, il suo nome riaffiora come simbolo di errori e di responsabilità.
Chiedersi “che fine ha fatto Schettino” significa fare i conti con una delle pagine più dolorose della storia recente italiana. Da comandante di una delle navi più grandi e moderne al mondo, si è ritrovato a essere l’uomo più odiato del Paese, accusato di codardia e superficialità.
Oggi vive una condizione di anonimato forzato, lontano dalla vita agiata che conduceva prima del naufragio. La sua storia resta un monito, un esempio di come un singolo errore e un comportamento sbagliato possano cambiare per sempre il destino di migliaia di persone e cancellare una carriera costruita in decenni di lavoro.
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